Chi siamo? E' l'ambiente ad educarci e ad influenzare le nostre scelte, come pensava il grande Emile Zola, o siamo liberi di scegliere tra il bene e il male senza alcuna influenza esterna? Questa sembrerebbe la domanda di fronte alla quale il regista, Daniele Vicari, pone lo spettatore.
Giorgio (Elio Germano) è un ragazzo figlio della Bari bene; un padre letterato, una mamma dolce e comprensiva, una bella ragazza al suo fianco. Eppure ha una sorta di repulsione verso tutto il bello che lo circonda, verso ciò che è pulito e lineare o apparentemente tale. Eppure ha dentro di sè una sorta di inquietudine che farà esplodere alla prima occasione.


Giorgio conosce  Francesco (Michele Riondino) ad una festa in casa di amici e ne è affascinato dal modo di fare. Francesco, chiamato per intrattenere con giochi di carte gli amici della padrona di casa, è bello e sciolto ma a tradire le sue origini si presentano presto dei brutti tipi che pretendono di regolare un conto in sospeso. E' in questo momento che viene fuori la vera indole di Giorgio che, con il pretesto di difendere lo sconosciuto Francesco, inizia  a fara a pugni.
Francesco a seguito dell'episodio sopra citato si lega a Giorgio e, dopo avergli insegnato tutti i trucchi del mestiere di un bravo baro, lo trascina con sè nelle bische clandestine e nei tornei di poker.
Giorgio vivrà un periodo della sua vita in cui darà sfogo a tutte le sue pulsioni, si scoprirà avido di denaro e di violenza e finanche corresponsabile di alcuni delitti.
Alla fine, però, in Giorgio prevarrà quell'educazione forte e severa che ha sempre cercato di fargli discernere il bene dal male e, fuori dai fumi delle droghe, riuscirà a salvare se stesso e non solo.
L'incontro con Francesco è trascinante come una vertigine (vi ricordate quando da bambini si girava in tondo proprio per provocare quell'effetto?) ma è una vertigine pericolosa, che porta al fondo. Si può risalire dal fondo? Per Carofiglio, autore del romanzo da cui il film è tratto, e quindi per Vicari, sì.


Il film è bello perchè è reale. Ad una certa età si prova un'attrazione profonda e perversa non solo verso il proibito, ma verso tutto ciò che è oscuro, verso una dimensione fatta di istinti primordiali, di ES tanto per dirla alla Freud, che la nostra educazione ha sempre voluto mettere a tacere. Insomma, quando si è giovani e pieni di energie, come lo è il protagonista, si sperimentano anche le pulsioni più nascoste.
Il regista, poi, non si lascia andare a giustifacazioni morali e sociali per cui chi sbaglia lo fa sempre con cognizione di causa e gli errori, o almeno quelli più gravi e gratuiti, non scaturiscono mai da uno stato di necessità.


Lontano da ogni retorica, la pellicola affronta con semplicità tematiche complesse liberandosi, inoltre, dal fardello di facili provincialismi (solo qualche personaggio parla con un registro dialettale) e quasi si stenta a riconoscere Bari, che perde la sua connotazione tipicamente meridionale. Il mare quasi non si vede ed il sole nemmeno. Bari è vissuta durante le notte, durante le ore di buio, quelle che offuscheranno per un pò la vita di un bravo ragazzo.

B.

 


Scheda Film
Titolo: Il passato è una terra straniera / Regia: Daniele Vicari / Sceneggiatura: Daniele Vicari, Francesco Carofiglio, Gianrico Carofiglio, Massimo Gaudioso tratta dal romanzo "Il passato è una terra straniera" di Gianrico Carofiglio/ Fotografia: Gherardo Gossi / Montaggio: Marco Spoletini / Scenografia: Beatrice Scarpato / Costumi: Francesca Vecchi, Roberta Vecchi / Musica: Teho Teardo / Interpreti principali: Elio Germano, Michele Riondino, Daniela Poggi, Valentina Lodovini, Chiara Caselli, Marco Baliani /  Produzione: Domenico Procacci, Tilde Corsi, Gianni Romoli in colaborazione con Rai cinema / Distribuzione: 01 Distribution / Paese: Italia / Anno uscita:  2008 / Genere: Drammatico-Psicologico /  Durata: 120 minuti


30.11.10

Addio Maestro

Pubblicato da B. |

Non sono solita fare commemorazioni, ma ieri se ne è andato un grande maestro del cinema italiano, Mario Monicelli, e mi sento in dovere di fargli un ultimo saluto.
Monicelli non ha parlato solo dell'Italia ma ha descritto la società italiana di cui si è sempre sentito parte e partecipe, dalle miserie, umane e materiali, della guerra alle distorsioni apportate dal benessere. Ha saputo guardare al mondo con uno sguardo amaro e sarcastico e mai si è lasciato andare a deboli giustificazioni e a falsi pietismi.
Attivo nella società sino a tarda età, ha partecipato, infatti, a Raiperunanotte ed ha esperesso pareri fortemente critici nei confronti dei tagli alla scuola e alla cultura. 
Ricordo che Monicelli era iterpellato per esprimere pareri sullo stato dellle cose proprio come un vecchio saggio...solo che lui era vecchio, saggio e per di più stronzo quindi anche più incisivo di altri.
Non mi meraviglia che si sia suicidato, del resto gli uomini della sua levatura sono soliti decidere della propria vita e non aspettare in modo passivo quell'ultimo giorno che, per uno vecchio e malato come lui, era ormai alle porte. 
Lui stesso aveva detto della morte del padre: "La vita non è sempre degna di essere vissuta; se smette di essere vera e dignitosa non ne vale la pena".


Caro Maestro, non incroceremo mai più il tuo sguardo fiero ma continueremo a ricordarti guardando e riguardando i tuoi bellissimi capolavori.

Addio Maestro.
 



B.

Quali sono i requisiti per vincere un Oscar come miglior film straniero? Se avete l'opportunità di guardare Il segreto dei suoi occhi ve ne renderete conto.
La storia è tratta da un romanzo di Eduardo Sacheri (La pregunta de sus ojos) che ne è anche lo sceneggiatore insieme al regista Juan José Campanella. Il film non era nemmeno tra i favoriti, ma forse ha giovato al regista la lunga esperienza in serie televisive statunitensi tra cui Law and Order e Dr. House.


L'impianto del film è quello di un noir. L'imput alla storia è dato dal desiderio di Benjamìn Esposito (Ricardo Darìn), agente in pensione, di scrivere un romanzo ripercorrendo le tappe di un caso su cui ha investigato 25 anni prima, nel lonatno 1974. Il caso Morales, questa la vicenda in questione, ha coinvolto particolarmente l'agente Esposito sia per la giovane età della vittima, una donna di 23 anni stuprata e violentemente uccisa, sia per l'amore, puro e totale, che Ricardo Morales (Pablo Rago), marito della ragazza, continua coltivare per la sua bella moglie ormai defunta.
Per scrivere questo romanzo Benjamìn non solo deve ritornare con la memoria sugli episodi che scandirono l'evolversi del caso ma anche su quelli che furono decisivi per la propria vita, per questo motivo torna a Buenos Aires e riprende i contatti con il suo passato e con Irene Menéndez Hastings (Soledad Villamil), suo capo diretto all'epoca dei fatti e sua grande passione nascosta e repressa.
Scrivendo il romanzo Benjamìn farà luce su alcuni punti della storia rimasti oscuri e soprattutto sulla propria vita sentimentale.
Motivo ricorrente del film è la passione, una sorta di fuoco motore delle azioni umane, che ogni uomo ha e che non riesce ad abbandonare, come provvidenzialmente sottolinea il collega Sandoval (Guillermo Francella) segnando un punto di svolta nella trama.
Continui sono gli sbalzi temporali, sempre fluidi e mai meccanici,  come se volessero mettere in evidenza che non è possibile chiudere con il passato in modo definitivo e che per sciogliere certi legami non basta la lontananza geografica o temporale.
Sullo sfondo della vicenda un altro stupro, quello dell'Argentina violentata dal golpe e da anni di dittatura militare.


Campanella riesce a raccontare una storia, intrisa di suspence  e melodramma, in modo antico, senza ricorrere a facili espedienti cinematografici puntando, invece, su un cast semplicemente eccezionale. Gli attori sono veri, carnali, non bellissimi e sofisticati come quelli cui Hollywood ci ha abituato, ma materiali, presenti in scena con la bellezza e l'espressività delle loro imperfezioni.
Ironia, amicizia, amore, nostalgia, vendetta, questi i sentimenti che mettono insieme le diverse storie dei personaggi le cui vicende sono raccontate senza enfasi nè retorica ma solo con una grande umanità in un'alchimia d'autore.
***

Cose da film, ovvero le cose incredibili che mai accadranno nella vita reale.
Anche in questo caso abbiamo riscontrato una cosa da film: 
Benjamìn è costretto ad andare a riprendere Sandoval nel bar di cui è abituale cliente e dove è solito, dopo lunghe bevute, azzuffarsi con altri avventori. Per una serie di fortuite coincidenze ci sarà un tragico scambio di persone di cui sarà vittima Sandoval. La stessa sera Irene aveva dato appuntamento a Benjamìn in un bar per parlare del loro rapporto, ma il tragico incidente capitato a Sandoval farà prendere agli eventi una piega diversa...della serie tutto in una notte.

B.


Scheda Film
Titolo: Il segreto dei suoi occhi / Titolo originale: El secreto de sus ojos / Regia: Juan José Campanella / Sceneggiatura: Eduardo Sacheri, Juan José Campanella dal romanzo "La pregunta de sus ojos" di Eduardo Sacheri / Fotografia: Félix Monti / Montaggio: Juan José Campanella / Scenografia: Marcelo Pont Vergés / Musica: Juan Federico Jusid / Interpreti principali: Ricardo Darìn, Soledad Villamil, Pablo Rago, Javier Godino, Guillermo Francella, José Luis Gioia /  Produzione: Tornasol Films, Haddock Films, Canal+ / Distribuzione: Lucky Red / Paese: Argentina / Anno uscita:  2009 / Genere: Thriller/  Durata: 129 minuti







Basta che funzioni è un film di Woody Allen uscito in Italia poco più di un anno fa, nel settembre 2009.
La pellicola è percorsa dalla solita vena autobiografica dell'autore, anche se questa volta è l'attore Larry David a fungere da alter ego del regista.

Appena ho iniziato a vedere questo film mi è venuta voglia di urlare, avrei voluto alzarmi dopo i primi 5 minuti consapevole che non sarebbe migliorato con il procedere del tempo, eppure, per una sorta di innato masochismo, l'ho visto tutto, fino allo scorrere dei titoli di coda.

Sono cresciuta nel mito di Woody Allen, nel mito di questo nevrotico di Manhattan che sapeva farmi sorridere dei suoi problemi (problemi spesso a noi familiari) ed era capace, grazie al suo punto di vista sarcastico, di farmi riflettere sulla società.

Ora, cari amanti di Woody, possiamo dirlo ad alta voce, facciamo outing, questo signore ci ha ammorbato con i suoi soliti pseudo-problemi.Dopo una parentesi europea fatta di film per lo più inutili, torna a New York e cosa ci racconta? Ci racconta ancora di sè, della sua vecchiaia, della sua voglia di bello e di giovane, il tutto con i toni veramte stucchevoli della comemdia dell'arte.

Mi sembra che il signor Allen stia esagerando con i suoi tentativi di giustificare il suo stile di vita. Ok, gli piacciono le ragazze giovani, anche molto giovani ... e a quale maschio etero e sano di mente non piacerebbero? Ma lui cerca ancora una volta di avere una giustificazione dalla società (vedi il suo rivolgersi direttamente allo spettatore) mentre prova ad interpretare il comune sentire verso argomenti quali l'ebraismo, dio ed altro con battutine acide ed artefatte che sanno un pò di stantio e di abusato.
Mi dispiace non parlarvi approfonditamente della trama ma la considero un'operazione inutile, ve la descrivo in modo stringato:
un vecchio fisico in pensione è esarcebato dalla sua vita ma incontra per caso una giovane e stupida ragazza di provincia che a causa della prorpia inferiorità culturale si innamora del vecchio sino a sposarlo. Un giorno arriva la madre della ragazza a sconvogere la loro tranquillità matrimoniale ... ma alla fine tutti si ricongiungono serenamente, forti dei loro nuovi equilibri cittadini.

Woody da vero newyorkese guarda alla provincia americana con una certa fastidiosa superiorità. New York è certamente una grande città all'avanguardia, ma la sensibilità per il bello e per l'arte è ovunque, i geni non diventano tali solo perchè bevono alla sacra fonte metropolitana dell'acquedotto newyorkese. So bene che si tratta di metafore, ma quando sono così sfacciate, possono ancora chiamarsi tali? Insomma l'uso delle matafore è qualcosa di delicato che va dosato con attenzione. 
Il trattamento riservato alle donne è, se possibile, ancora peggio. Le donne di questo film sono stereotipate per cui o sono belle, stupide ed innocenti come la protagonista femminile (Evan Rachel Wood) il cui personaggio ricalca un pò troppo quello già visto ne La dea dell'amore, o sono sessuomani represse o sono fataliste con sindrome da crocerossina.
Mi dispiace andare contro corrente, ma questo film non racconta nulla di nuovo e non lo racconta nemmeno bene. Senza poesia. 
Consiglio
La visione di questo film è severamente vietata a chi ha amato Manhattan ed Hannah e le sue sorelle.

B.


Scheda Film
Titolo: Basta che funzioni / Titolo Originale: Whatever works / Regia: Wooody Allen / Sceneggiatura: Woody Allen / Fotografia: Harris Savides / Montaggio: Alisa Lepselter / Scenografia: Santo Loguasto / Interpreti principali: Larry David, Evan Rachel Wood, Patricia Clarckson, Conleth Hill, Ed Begley Jr., John Gallagher Jr. / Produzione: Gravier Productions, Perdido Productions, Wild Bunch / Distribuzione: Medusa / Paese U.S.A. Francia / Anno uscita: 2009 / Genere: commedia / Durata: 92 minuti

Basilicata coast to coast è un road movie all'italiana anzi alla lucana.
Il film parla del sogno di Nicola Palmieri (Rocco Papaleo), insegnante di matematica da anni front man di un gruppo musicale, che decide di partecipare al rock festival di Scanzano Jonico raggiungendo la località a piedi partendo da Maratea. A Nicola si uniscono ovviamente gli altri componenti della band interpretati da Alessandro Gassman, Paolo Briguglia ed un silenzioso Max Gazzè. All'impresa si interessa solo una testata parrocchiale che avrà come inviata Tropea (Giovanna Mezzogiorno) figlia viziata e insoddisfatta di un ministro.  
Come in ogni road movie il viaggio rappresenta un momento di crescita e di individuazione di sè e ciò accadrà per tutti i personaggi coinvolti. 
La commedia è brillante senza essere banale e l'esordio dietro la macchina da presa di Rocco Papaleo è notevole soprattutto per la voglia di portare sulla scena le terre della Basilicata, troppo spesso dimenticate e ricordate solo per progetti malsani (qualcuno ricorda quando si volevano smaltire le scorie radioattive nei pressi di Scanzano Jonico?).
La sceneggiatura è a tratti esilarante, mentre il punto debole della pellicola è il soggetto, sempre opera di Papaleo e Lupo, percorso da un'ansia troppo buonista per cui tutti i personaggi trovano pace e soluzione a tutti i loro problemi.
Rocco Papaleo è bravissimo, ma gli altri attori indossano in malo modo i panni di personaggi già poco credibili a partire da Gassman che scimmiotta il lucano fino a Giovanna Mezzoggiorno stronza in modo troppo gratuito. Donano colore e vivacità, invece, i personaggi minori, figli di quella terra che portano sulla scena in modo vivido i sentimenti più veri della Basilicata.
***
Cose da film, ovvero le cose incredibili che mai accadranno nella vita reale.
Anche in questa pellicola sono presenti elementi surreali, anzi ancora una volta è presente una moglie veramente fantastica.
Nicola Palmieri è sposato con Lucia (Michela Andreozzi), una donna piacente e ricca che non solo non ostacola i progetti del marito, ma che, anche dopo una discussione, raggiunge Nicola al festival di Scanzano e, dopo aver rinunciato a partecipare ai festeggiementi per l'anniversario di nozze dei prorpi genitori, si ritrova in una piazza ormai deserta ad incoraggiare il marito che suona con la sua band sotto la pioggia...mah!

B.



Scheda Film
Titolo: Basilicata Coast to Coast / Regia: Rocco Papaleo / Sceneggiatura: Rocco Papaleo, Valter Lupo/ Fotografia: Fabio Olmi / Montaggio: Christian Lombardi / Scenografia: Elio Maiello, Sonia Peng / Musica: Rita Marcotulli / Interpreti principali: Alessandro Gassman, Giovanna Mezzogiorno, Paolo Briguglia, Rocco Papaleo, Max Gazzè, Claudia Potenza, Michela Andreozzi, Antonio Gerardi, Augusto Fornari, Gaetano Amati /  Produzione: Paco Cinematografica, Eagle Pictures, Ipotesi Cinema / Distribuzione: Eagle Pictures / Paese: Italia / Anno uscita:  2010 / Genere: Commedia /  Durata: 105 minuti

Chi conosce Piccioni come regista sa bene che sarebbe inutile raccontare la trama dei suoi film, non perchè non sia comprensibile ma perchè non è nella storia raccontata che si appunta l'interesse del regista. Il soggetto del film è molto forte e credibile, Piccioni porta sullo schermo, come è solito fare, delle vite normali, i suoi protagonisti non hanno nulla di eccezzionale, non sono troppo belli, non sono troppo ricchi e di solito non sono troppo vincenti, insomma ognuno di noi potrebbe riconoscersi in uno di questi personaggi.
Il film parla di uno scrittore, Guido, interpretato da Mastandrea, che vive un  momento di successo tanto da essere candidato ad un prestigioso premio letterario, nonostante tutto la sua vita non ha nulla di eccezionale (eccezionali sono solo le dimensioni della casa in cui vive). La cosa che più colpisce è la totale mancanza di trasporto di Guido per la prorpia vita: è in crisi creativa, è in crisi con l'editrice, manco a dirlo ignora la moglie e poco si prende con la figlia sovrappeso. L'impronta del personaggio è ben delineata dalle prime battute quelle del dialogo tra lo scrittore e la figlia in cui quest'ultima mostra tutta la sua insofferenza verso il nuoto che vive come una costrizione da parte di un padre che non sa nuotare e che non ha il coraggio di imparare a farlo. Sin da questi primi minuti di pellicola si capisce che Guido si rifiuta di vivere una vita propria e l'unica cosa che sa fare è inventare personaggi che la vivano al suo posto. Guido non riesce ad uscire dai luoghi della sua casa, di quella che ormai è una tana che stenta ad abbondonare al punto da rimandare il trasferimento nella nuova casa della sua famiglia eppure, quasi come per una sorta di tacita sfida con il mondo esterno, inzia  a nuotare. In acqua, inizia una sorta di rinascita che lo porta relazionarsi con l'istruttrice di nuoto, Giulia (Valeria Golino). Giulia è scostante, fredda, dura anche nel linguaggio, non lascia spazio alle relazioni, nonostante ciò è intenerita da questo scrittore maldestro, cui, col tempo, rivela di essere in libertà condizionata a causa di un omicidio commesso qualche anno prima e di avere una figlia che non vede da tanto ma che a volte spia da lontano. La relazione tra Guido e Giulia è forte, apparentemente serena eppure destinata a non durare. Guido pensa che anche Giulia sia un personaggio dei suoi romanzi, tanto da inziare a scrivere un racconto che la vede come protagonista, e, come se non bastasse, inizia ad intromettersi nella vita privata della donna tanto da comprometterne irrimediabilmete il fragile equilibrio.
Guido voleva sostenere Giulia eppure non ha fatto altro che spingerla verso il basso.
Il film non parla soltanto di quella sorta di presunzione che solitamente si ha nelle relazioni amorose quando si pensa di poter essere tutto per l'altro, di poter essere un salvagente contro i marosi della vita del partner, ma anche e soprattutto della conseguenza delle azioni. Ogni personaggio, sia Giulia che Guido, ha commesso un'azione deplorevole di cui non si pente ma di cui pagherà amaramente le conseguenze, ove queste ultime rappresentano la vera condanna e il vero carcere dal momento che il mondo in cui vivono i protagonisti di questa storia è un mondo senza sconti e senza perdono.
Il film è intenso e chiaro, solo qualche passaggio stucchevole nel momento in cui i personaggi protagonisti delle storie dello scrittore prendono vita: la scena in cui tali personaggi circondano e vegliano Guido mentre dorme alla scivania è degna del filone "Amelie".
***
Cose da film, ovvero le cose incredibili che mai accadranno nella vita reale.
1) Guido stenta a trasferirsi nel nuovo appartamento dove invece la moglie la figlia hanno già traslocato. Una sera la moglie gli si avvicina e con fare molto dolce dice che lei si occuperà del trasloco mentre lui può andare nel nuovo appartamento quando si sentirà pronto. MA SCHERZIAMO!!! una donna che si accolla da sola un trasloco e non fa nemmeno una scenata isterica, non tira fuori dai polmoni nemmeno un urlo di guerra contro quel marito apatico e nullafacente? Tutto ciò è frutto della fantasia degli sceneggiatori (Piccioni e Pontremoli) e non ha alcuna aderenza con la realtà.
2) Durante la conferenza stampa della cinquina di scrittori candidati al premio letterario arriva Giulia che intercetta Guido alla fine della conferenza. Guido è visto dalla propria moglie mentre chiacchiera fitto in un angolo con questa sconosciuta per poi sparire repentinamente insieme alla donna e...durante il resto del film...non una domanda sull'identità di quella donna, non un chiarimento sulla sua fuga improvvisa. Va bene, ci troviamo di fronte a personaggi che fanno parte dell'alta borghesia romana e che sono così snob da continuare ad ignorare le persone che non sono state loro regolarmente presentate, ma quale moglie ancora degna di essere definita tale non chiede delucidazioni al riguardo??? Ovviamente tutto ciò rientra nel fantastico mondo delle cose da film.

B. 

Bright star è un biopic (per chi non fosse così moderno da intendere il termine, biopic sta per biographic picture) e tratta della storia d'amore tra John Keats e Fanny Browne durata dal 1818 al 1821, anno della morte del poeta. 
Jane Campion ritorna, dopo In the cut, ad un genere da lei tanto amato, quello del film in costume in cui la regista si muove così bene creando, grazie alla sua maestria, seducenti atmosfere. L'autrice neozelandese affronta nuvamentela biografia di un poeta (nel 1990, con Un angelo alla mia tavola, aveva trattato la travagliata vita delle poetessa Janet Frame) e di quell'intreccio tra poesia e follia che spesso caratterizza la vita degli artisti. In Bright star sono riproposte quelle atmosfere, quella fotografia, quel connubio tra sentimenti e natura, tra delirio amoroso ed ordine cosmico che avevano già caratterizzato il film del 1990.
Ancora una volta è messo in scena iltema della poesia e della follia, anche se in Bright star la follia artistica e quella amorosa si mescolano, si fondono e creano un loro equilibrio, trovano una loro misura lontano dalla società, dalla famiglia e dagli amici che restano spettatori di qualcosa di incomprensibile.
Il tema del delirio amoroso, già toccato in Holy smoke, qui subisce un freno, è messo sotto il gioco delle regole di una società ottocentesca cui, però, si mostra recalcitrante.
L'amore e la passione per la musa ispiratrice rappresentano il tema di fondo del film, omnia vincit amor,direbbe Virgilio, eppure qui l'amore non vince prorpio su nulla: la madre di Fanny Browne acconsente al fidanzamento della figlia con Keats solo quando si rende conto che quel tipo macilento è destinato alla morte; Brown, amico e mecenate di Keats, si disinteressa a quest'ultimo perchè preso dalla relazione con una ragazza della servitù; lo stesso Keats, malato di tubercolosi, muore in Italia lontano dalla sua amata.
Bello il film, profondi i sentimenti, eppure c'è qualcosa che manca; nelle rosee e palcide carni della protagonista, interpretata da Abbie Cornish, lo spettatore non riesce ad avvertire lo struggimento amoroso e non riesce ad immedesimarsi.
Troppo di maniera e forse troppo ripetivo nei contenuti con personaggi poco sfaccettati, a vederlo non sembrerebbel'opera di un'autrice collaudata e barava come la Campion, ma sembrerebbe un film tirato via quasi come se i produttori bussassero continuamente alla porta.
Il film merita in ogni caso di essere visto, se non altro per la fotografia.
Consiglio:
Si consiglia questo film a coppie in fase di conoscenza. E' un film che si addice un pò a tutti i palati, anche a quelli a digiuno di cinema d'autore; ben si adatta ad una serata romantica, da proiettare magari dopo una buona cenetta preparata in casa e magari dopo un buon caffè ... meglio se bello forte!!!

B.



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